I RAGAZZI DELLA SCUOLA DI GIOVO RICORDANO LA GIORNATA DELLE VITTIME DELLE MAFIE.
Il 21 marzo ricorre la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, un evento annuale riconosciuto dallo Stato per sensibilizzare al mantenimento del ricordo. Un appuntamento che i ragazzi della scuola secondaria di primo grado di Giovo – all’interno del progetto legalità – hanno fatto vivere attraverso la lettura e la condivisione di storie di persone “normali”, che difficilmente vengono ricordate, che hanno perso la vita a causa della mafia. Storie di giovani che sono state presentate dalle classi seconde con le professoresse Mara Pellegrini e Carolina Nardin e che hanno permesso ai ragazzi di comprendere il dramma non solo delle “grandi” storie, ma anche quello della gente comune.
Nel progetto non è però mancato l’avvicinamento a nomi più conosciuti, che si è concretizzato con uno speciale incontro con Roberta Gatani, la nipote del magistrato Paolo Borsellino, che venerdì scorso ha dialogato per due ore con i ragazzi di Giovo, in una videoconferenza alla quale ha preso parte anche il Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Cembra, Stefano Chesini.
A prendere i contatti con Roberta Gatani, la professoressa Moira Zadra che ha coordinato l’iniziativa. Dal momento dell’avvio di questo progetto i ragazzi sono stati preparati a questa tematica, importante e difficile allo stesso tempo, attraverso la lettura del libro “La casa di Paolo”, un testo il cui titolo si rifà al nome del centro di accoglienza, studio e svago per ragazzi, che si trova nel quartiere della Kalsa a Palermo, dove una volta sorgeva la farmacia di famiglia dei genitori di Borsellino. I docenti di lettere Mara Pellegrini, Elena Weber e Daniel Fattori hanno affrontato i vari capitoli durante le loro lezioni, soffermandosi sui punti più salienti e offrendo tanti spunti di riflessione.
La storia della Casa di Paolo è molto particolare e parla di solidarietà, impegno e volontariato, del fare gratuito senza chiedere appoggi politici. È anche e soprattutto un sogno nato nel cuore di Salvatore Borsellino, il fratello minore, che un giorno, passando davanti a quella che era la farmacia di famiglia, decise di comprare i locali e far nascere un centro aperto a tutti specialmente ai giovani del quartiere, per far rivivere il nome e l’impegno di Paolo. Per Roberta Gatani, che oggi quotidianamente viaggia per 200 chilometri per prestare la sua opera di volontariato, la figura dello zio è stata più di quella di un padre, dopo che la madre rimase vedova. Solare ed entusiasta, durante l’incontro ha raccontato ai ragazzi la sua opera di volontariato nella Casa di Paolo, riuscendo anche a farli immedesimare nel modo in cui vivono i loro coetanei nella realtà del quartiere palermitano.
Il ricordo più bello legato allo zio è il sorriso che subito trasmetteva serenità. Infatti alla Casa di Paolo è affissa un’immagine abbastanza rara in cui è ritratto sorridente e circondato dai bambini che adorava e con i quali sapeva davvero entrare in relazione.
Roberta Gatani è riuscita a far conoscere ai ragazzi un Borsellino che non si trova negli scritti o negli articoli in internet, una persona generosa che allo stesso tempo aveva poca cura del suo aspetto. La madre lo avrebbe voluto sempre sistemato, elegante come lei, per questo gli comprava sempre delle scarpe nuove, ma lui spesso quando usciva, poi puntualmente rincasava con delle scarpe vecchie, perché quando incontrava delle persone bisognose gliele donava. Paolo Borsellino conosceva bene il suo destino eppure ha cercato fino alla fine di proteggere la sua famiglia.
Tra le varie domande dei ragazzi c’è stato chi ha chiesto dove si trovava quando lo zio è morto e con grande commozione ha raccontato di non essere stata in città; non c’erano cellulari e quando rientró, la sera, Palermo e il porto erano deserti. Per chi fosse a Palermo quel giorno fu impossibile non sentire l’esplosione. L’attentato era già nell’aria e nel momento in cui si sentì il boato e fu visto il fumo salire da quel quartiere, tutti capirono immediatamente cosa fosse successo. Ha quindi ripercorso il dramma di quegli ultimi istanti, quando lo zio si trovava sotto la casa di sua madre.
Roberta Gatani ha concluso l’incontro con i ragazzi di Giovo lasciando un messaggio: “un cucchiaino non può svuotare il mare, ma se sono tanti cucchiaini a farlo, qualcosa può cambiare” e una richiesta, di prendere in mano quel cucchiaino per combattere insieme.
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